Linux alla conquista delle multinazionali.

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danielozma
00domenica 26 settembre 2004 13:13
Milano, una fiera per il debutto in Italia

Linux alla conquista delle multinazionali

Dall’Ibm alla Nasa: nel 2006 il software dei ribelli
verrà usato da un’azienda su quattro

Il pinguino entra nel salotto buono. Il pinguino in questione non è un uccello antartico, né un maggiordomo in livrea. E’ invece il simbolo di Linux, il sistema operativo gratuito nato dal lavoro del finlandese Linus Torvalds nel lontano 1991. Una sfida raccolta ovunque da migliaia di «smanettoni», ora capace di uscire dai mondi virtuali della rete per approdare a quelli ben più concreti degli affari. La prova? Basta dare un’occhiata al Linux World Expo, fiera internazionale che debutta in Italia animando per tre giorni (da oggi a venerdì) i locali dell’hotel Crowne Plaza di Linate, alle porte di Milano. Un simbolo dell’arrivo nelle stanze dei bottoni di un progetto «libertario» come Linux. Tra gli stand, i manager in giacca e cravatta si mescoleranno con i ragazzini in t-shirt e scarpe da ginnastica, stereotipo di un certo mondo anti-Microsoft. Un mondo che in questi 13 anni ha divulgato parole come «free software» e «open source».

Un po’ formule magiche per allontanare «il grande Satana» (il software brevettato, quello di Bill Gates innanzitutto). Un po’ sintesi di un’ideologia che garantisce la libertà di copiare, modificare e ridistribuire il codice, il «linguaggio» che sta alla base dei software. Una libertà apparentemente utopica e che invece sta trovando una felice declinazione nel mondo degli affari. Negli ultimi anni aziende, scuole e pubbliche amministrazioni hanno dimostrato di essere sempre più disposte a spostare i loro sistemi informatici nell’universo «open source» («codice aperto», termine coniato nel ’98 per far digerire il concetto di «libero» al mondo degli affari). «Il mercato sta sbocciando - dice Mario Comelli di Wireless Srl, uno degli organizzatori del World Expo -. Linux ormai è conosciuto. Secondo una nostra indagine, il 98% dei laureati nei Politecnici sa che cos’è. Ora bisogna creare un ambiente adatto al business».
Secondo stime del 2003, il 18% dei server (i computer «nodali» di Internet) era gestito da Linux, cifra che potrebbe salire fino al 25% entro il 2006. Hanno sistemi «open source» la Nasa e persino la segretissima l’Nsa (National security Agency), il Brasile di Lula e importanti comuni tedeschi (Monaco e Francoforte). Le Nazioni Unite lo sostengono come volàno per informatizzare il Terzo mondo.

In Italia si sono mossi il Comune di Roma e decine di enti locali, la Banca Popolare di Milano ed Eurofly. «Entro novembre, Linux sarà il sistema utilizzato da tutti i nostri impiegati» dice Giuseppe Giganti di Novell, il gruppo che distribuisce Suse, uno dei pacchetti Linux. Che cosa manca ancora all’«open source»? «Per ora - dice Comelli - non c’è un punto di riferimento esterno ai tanti hobbisti. In Italia c’è una grande creatività che rischia di essere intercettata da aziende estere». «E’ colpa dei rivenditori: in Francia i pc con installato Linux si trovano anche nei supermercati. Da noi non c’è nulla» spiega Michel Morelli, anima di ZioBudda.net , sito di riferimento del mondo Linux italiano. La risposta di Stefano Maffulli, coordinatore italiano della «Free Software Foundation», va oltre: «A scuola ti dicono: "Clicca qui, vai lì con il mouse". Le icone e il mouse sono solo interfacce che un domani cambieranno».

Microsoft, intanto, è pronta a rispondere all’assalto. E’ anche rifacendosi alla filosofia «open source» che l’azienda ha permesso a governi e università di conoscere i codici di Windows e Office. «Questione di trasparenza - spiega il vice direttore Davide Viganò -. Ma crediamo che il modello vincente sia ancora quello del software commerciale, che dia vantaggi anche ai clienti. Sia economici, perché ci sono molti costi accessori oltre al programma stesso e anche di sicurezza». Proprio la sicurezza potrebbe essere la chiave della guerra: «Sempre più gente - racconta Maffulli -, non solo studenti o tecnici, si avvicina al software libero perché stufa di virus, di programmi traballanti, di installazioni precarie». La sfida del pinguino è lanciata.

Paolo Ottolina
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